Sei tu, nonno?

Sei tu, nonno?

Mary aveva sempre abitato assieme a suo nonno John, siccome era rimasta orfana di entrambi i genitori tredici anni prima, appena era nata, ed era la persona a cui più era legata e di cui più si fidava. Era una ragazza gracile di costituzione, con le lentiggini sul naso e i capelli neri; non si affezionava facilmente alle persone, ma si apriva completamente con quelle che conosceva meglio. Il nonno, invece, era un alto signore un po’ burbero che se ne stava sempre sulle sue, ma che in fondo aveva un cuore d’oro.

Abitavano in una casetta costruita a fine Ottocento completamente in legno, piccolina, ma comunque spaziosa con il tetto a punta, progettata dai suoi bis-bisnonni molti anni prima. Era fuori dal mondo, su una montagna in un piccolo villaggio, ma per lei andava bene almeno finché sarebbe stata con suo nonno e poi se percorreva un sentiero riusciva a raggiungere tranquillamente la scuola del paesino.

Quel giorno si stava appunto preparando per andare a scuola ed era nel bel mezzo della disperata ricerca del suo vestitino bordeaux appartenuto a sua nonna Elisabeth tanto tempo prima di morire.

«Nonno hai visto il vestito bordeaux?» chiese la ragazza dalla sua cameretta.

«Prova a cercare nell’armadio sono sicuro di averlo visto lì l’ultima volta» rispose lui.

L’armadio si trovava in camera del nonno e occupava l’intera parete della stanza, probabilmente era proprio perché era così grande che a Mary non era mai piaciuto e le incuteva anche un po’ di paura, forse era per quello strano odore di naftalina che si sentiva aprendolo oppure perché era uno spazio buio e chiuso.

Però l’armadio le doveva andare bene lo stesso perché era l’unico della casa e poi John ci teneva davvero tanto. Infatti, le aveva raccontato che all’epoca lo aveva scelto assieme a sua moglie, Mary se lo ricordava molto bene perché non parlava mai della nonna e quella era stata l’unica volta in cui l’aveva nominata.

Mary di Elisabeth, infatti, non sapeva molto, ma dalle conversazioni degli abitanti del villaggio aveva capito che era morta vent’anni prima a seguito di un’incidente stradale, sapeva che suo marito le era particolarmente legato e dalle chiacchiere della gente sembrava che fosse stata una persona fantastica, difficile da dimenticare.

Quanto avrebbe voluto conoscerla.

Stava cercando ormai da una decina di minuti ed era quasi completamente convinta che il vestito non si trovava nell’armadio. Stava per arrendersi quando vide in fondo all’ultimo scaffale qualcosa di bordeaux, allora allungò un poco il braccio, ma si accorse che non era altro che una delle cravatte del nonno.

Mary si immobilizzò all’istante, le si gelarono le dita e impallidì all’improvviso.

«Tutto bene? È da un po’ che non esci dalla mia stanza?» le chiese il nonno.

«Sì» mentì Mary.

Un sacco di strane ipotesi passarono nella mente di Mary…

Neanche qualche minuto prima, infatti, i suoi occhi avevano appena notato dei graffi e delle macchie di sangue fresco all’estremità interna dell’armadio.

Quella casa era sempre stata così ordinaria, quasi noiosa, non c’era mai niente fuori posto da scoprire. Era talmente sbalordita che si era perfino dimenticata cosa stava cercando. Nessuno si era ferito nell’ultimo periodo, da dove arrivava il sangue?

Un’ombra apparve sull’armadio. La sagoma diveniva sempre più piccola. All’improvviso sentì una mano toccarle la spalla sinistra. Spaventata si girò all’istante.

«Mary tutto bene?» richiese il nonno.

«Sì, non trovo il vestito, sarà da un’altra parte» ribatté lei.

Ma ora il vestito non aveva più nessuna importanza.

Mary era uscita pronta per andare a scuola e sapeva che sarebbe tornata solamente a fine giornata e che intanto avrebbe avuto il tempo per schiarirsi le idee.

Il nonno aveva sempre funto da entrambi i genitori, ormai lo conosceva bene, era giusto un po’ lunatico e non aveva pazienza, ma in fondo sapeva benissimo che aveva un cuore d’oro.

Ma se non era stato lui chi poteva aver lasciato quelle macchie e quei graffi? Quell’armadio lo usavano solo loro e non voleva credere che fosse stato lui, non poteva essere John, ne era sicura.

Decise di comportarsi come se niente fosse, non poteva dire quello che aveva visto, perché conoscendolo se fosse centrato qualcosa non avrebbe comunque detto niente.

Doveva iniziare a indagare.

E sapeva già dove sarebbe andata, ma solamente il giorno dopo che era sabato, perché avrebbe avuto bisogno di tempo e le serviva un’intera giornata.

Inoltre, aveva bisogno di riposare, poiché era scombussolata.

Il villaggio vicino a cui abitava era piccolo e molto lontano dalla città, non c’erano infatti molte comunicazioni con il mondo esterno, tutte le notizie che arrivavano agli abitanti le leggevano sul giornale. Ogni settimana un giornalista diverso andava nella città più vicina a raccogliere le informazioni sui fatti accaduti negli ultimi sette giorni per poi pubblicare il settimanale locale, “Il lunedì”, chiamato così per il giorno di pubblicazione.

“Il lunedì”, infatti, usciva una sola volta a settimana ed era gestito dal signor Smith che raggruppava le informazioni raccolte dai suoi collaboratori.

Dopo una giornata di trasferta in città l’inviato tornava nell’ufficio che si trovava in mezzo al villaggio e scriveva le informazioni che aveva raccolto durante il suo viaggio. Il redattore curava molto l’archivio del giornale, aveva le copie degli ultimi sessant’anni dove erano raccolti tutti gli avvenimenti accaduti in più di mezzo secolo ed erano diventati dei grandi libri da consultare. Quando i cittadini dovevano fare una ricerca era sempre lì che andavano.

Mary decise che sarebbe andata in redazione per scoprire se sui giornali c’erano notizie che potevano essere legate ai graffi e alle macchie sull’armadio. La mattina di quel sabato nuvoloso, Mary bussò alla porta del giornale. Sapeva già com’era l’interno perché quando era ancora alle elementari aveva fatto una gita proprio lì dedicata al giornalismo. All’entrata c’era la grande scrivania in legno massiccio, dietro di essa erano esposti tutti i giornali in un’antica libreria sempre in legno.

Il signor Smith, un signore sulla sessantina dalla figura minuta vestito con una camicia scozzese, con un gilet blu che aveva il brutto vizio di fumare la pipa ogni volta che lavorava, aprì la porta e la fece entrare. La stanza profumava di tabacco misto a legno.

«Scusi per il disturbo» esordì Mary

«Ma volevo chiederle se potevo consultare i giornali del suo archivio» continuò.

«Certo, ma c’è qualcosa che cerchi di preciso, così posso aiutarla a cercar le copie di cui hai bisogno?» rispose lui con voce pacata.

«Beh…in realtà mi farebbe comodo se cercasse notizie importanti, sconvolgenti, di cronaca nera di tutti i giornali» rispose lei.

«Mi è difficile, signorina, ma proverò ad accontentarla» disse il signore.

Prese quasi tutti i giornali, non aveva quindi fatto una grande selezione. «Bene, grazie. Cercherò tra questi» replicò lei.

Mary si mise a sfogliarli. C’erano notizie di gatti dispersi, di record del villaggio, di feste tradizionali, di notizie legate a città vicine e molte altre inutili. In alcuni trovò articoli più interessanti come gente scomparsa o morta improvvisamente. Strappò allora quelle senza farsi vedere e se le mise in tasca. Dopo aver cercato per ore e non aver trovato quello che voleva, trovò all’inizio di un giornale di vent’anni prima la notizia della scomparsa della nonna. Pur non essendo quello lo scopo della sua visita, la notizia la incuriosiva perché della sua morte sapeva ben poco.

Lesse le prime righe:

“Oggi, 22 aprile, nella tarda mattinata l’autista che guidava il bus di linea sulla strada A22 perde il controllo e sbanda causando un tragico incidente. Sull’autobus viaggiavano solo dodici persone. Otto di loro sono rimaste ferite ma i medici assicurano che non sono in pericolo di vita. Le altre quattro persone purtroppo non sono sopravvissute come neppure l’autista. In quest’ultimo sono state trovate tracce di alcool nel sangue. Questo conferma che probabilmente guidava in stato di ebrezza.”

Sotto l’articolo c’era una pubblicità che ribadiva che era illegale, ma soprattutto pericoloso bere alla guida.

Poco più sotto c’era una parte dedicata alle vittime, tra cui una dedicata a sua nonna:

“Elisabeth Jonson è stata una grande signora, intraprendente che ha sempre lavorato duramente. Una donna da prendere come esempio e sicuramente sarà anche una grande perdita per il nostro villaggio. Porgiamo le nostre sentite condoglianze alla famiglia.”

Mary provava rabbia. È vero, non l’aveva mai conosciuto di persona, ma secondo lei l’autista doveva essere stato un signore proprio stupido per bere così irresponsabilmente. Era normale che il nonno non parlasse dell’accaduto molto volentieri, doveva essere stato un periodo difficile, anche lei era rimasta abbastanza sconvolta.

Cercò ancora qualche indizio, ma trovò solo altre pagine su persone scomparse improvvisamente, che strappò.

Ringraziò allora il signor Smith e tornò a casa.

Mise le pagine strappate in un cassetto, non sapeva perché ma aveva la strana sensazione che in tutta quella storia centrava sua nonna. Aveva pur sempre abitato anche lei in quella casa.

Era stata una giornata stancante, aveva passato tutto il tempo a cercare articoli, decise quindi di mangiare qualcosa e di andare a dormire siccome ormai si era già fatta sera.

Il giorno dopo decise di esaminare le pagine che aveva strappato, non la convinceva il fatto che aveva trovato così tanti articoli su scomparse misteriose ed era anche l’unico punto di partenza che aveva.

Come prima cosa annotò su un foglietto tutti i nomi delle persone scomparse, che erano venticinque. Decise che sarebbe andata al comune per indagare sulle persone non più ritrovate e capire se c’era qualcosa che le accomunava.

Infatti, lunedì, dopo la scuola, si recò al comune.

Entrò e si presentò al bancone porgendo il foglietto al responsabile che portava una camicia blu come tutti gli impiegati comunali, aveva un paio di occhiali rotondi ed era pelato, dicendo: «Scusi ho trovato questi nomi mi potrebbe dare i rispettivi certificati di morte?»

Il responsabile, molto freddo, reagì in maniera un po’ strana e disse: «Ah, ti sei imbattuta, nella misteriosa scomparsa degli autisti del bus?»

Poi le passò i documenti che cercava.

«Come scusa?» ribatté lei stupita. Quel signore era sinistro. Si sentì a disagio.

Guardò i documenti e capì cosa intendesse dire l’impiegato un attimo prima: in effetti tutte le persone scomparse facevano di mestiere gli autisti di bus.

Mary pensò che stesse andando sempre più fuori strada, quando il responsabile la richiamò in maniera decisa e infastidita: “Ho detto di non perdere tempo con questa storia, in molti hanno provato a capire dove fossero finite le presone scomparse, ma nessuno è riuscito a trovare una risposta.»

«Ma come è possibile che io non ne sapessi niente?» chiese allora lei.

«Perché le persone sono fatte così, quando c’è in ballo qualcosa di scomodo evitano di parlarne, in più la maggior parte degli autisti sono scomparsi tutti attorno a vent’anni fa, adesso ne scompaiono di meno. Mi ricordo che in quel periodo c’era la crisi più totale, nessuno voleva più fare l’autista come mestiere, erano tutti spaventatissimi. Ultimamente non scompaiono più persone così frequentemente e se succede spesso è verso aprile.» raccontò lui.

Mary interruppe: «Quando è stato l’ultima volta che è scomparso un autista?»

«Due anni fa in primavera, ma non se ne è parlato tanto per il motivo che dicevo prima…. ma ragazzina non è consono che io ti spieghi queste cose. Dovevo tacere. Torna a casa e dimentica questa faccenda! ». Disse il signore un po’ infastidito.

«Ma scusi, la prego, questa storia mi incuriosisce» incalzò Mary.

Lui rispose: «Torna a casa e fai quello che le ragazzine fanno normalmente.»

Lei allora tornò a casa. Durante il tragitto, pensò che fosse completamente fuori strada, però questa storia la incuriosiva e non era possibile che da vent’anni si evitava il problema delle strane scomparse.

La mattina seguente si recò a scuola e tutti parlavano di una signora che non si trovava più da qualche giorno, ma che il giorno prima, venticinque aprile, sul tardi, la polizia aveva avuto la conferma della sua scomparsa.

Se fosse stato neanche una settimana prima, Mary non avrebbe dato peso alla notizia più di tanto, però questa faccenda iniziava a turbarla. Girava la voce che, come lei aveva supposto, la vittima fosse un’autista di bus. A quel punto le balenò per la testa un pensiero assurdo: «Non è strano che la macchia di sangue fosse fresca e che proprio qualche giorno dopo nel villaggio fosse scomparsa una persona?»

Tornata a casa il nonno si era sentito poco bene e le aveva lasciato un biglietto dicendole che era andato dal medico per un controllo e che sarebbe tornato dopo una mezz’oretta. Mary ormai non pensava ad altro che alla strana notizia. Mentre ricapitolava le informazioni che sapeva, si rese conto che non era più tornata nel luogo da cui tutto era partito. Allora andò nella camera del nonno e cercò nell’estremità interna dell’ultimo scaffale dell’armadio.

«Me lo sono sognata?» mormorò lei quando vide che le macchie di sangue erano sparite.

Siccome aveva ancora un po’ di tempo decise di svuotare interamente lo scaffale per cercare altri indizi. Non vide niente di nuovo, c’erano solo i graffi dell’altra volta. Strano di chi potevano essere?

Con le sue unghie ripercorse i graffi facendo una leggera pressione sulla parete. Sentì un rumore come di qualcosa che si sganciava e scoprì che c’era un doppio fondo in cui c’era una scatola di legno con due cassetti.

Era proprio sicura di volerla aprire? Le mani le tremavano.

Il primo cassetto si aprì facilmente, all’interno c’erano vari foglietti, tra cui la copia del giornale con in prima pagina l’articolo dell’incidente in cui la nonna perse la vita e la lista delle persone scomparse tra cui anche quella del giorno stesso. «Inquietante!» pensò.

Mary si sentiva stupida, come aveva fatto a non accorgersi che la nonna era morta il ventidue aprile e gli autisti erano scomparsi intorno a quella data tranne nel periodo subito dopo la sua morte.

Il secondo cassetto si aprì con più difficoltà e lei fu grata di non essere svenuta. Quello che vide era terrificante. All’interno c’era una corda impregnata di sangue e dei coltelli.

In quel momento udì una porta aprirsi, sentì la voce del nonno che diceva: «Mary, sono tornato».

Poi si sentirono dei passi e gocce di sangue scivolarono lentamente lungo il corrimano.

Malva

7 thoughts on “Sei tu, nonno?

  1. storia molto interessante nonostante alcune informazioni che ci vengono date come la ragazza di cui si fida Mary che viene menzionata all’inizio del racconto. Mi piace l’idea del finale aperto.

  2. Complimenti, bel testo di notevole lunghezza. Mi è piaciuto particolarmente che come titolo hai posto una domanda.
    Però secondo me avresti potuto scrivere questo testo in una maniera un po’ più horror.
    Ancora complimenti

  3. Il testo è ben costruito e di una notevole lunghezza. Avrei aggiunto maggiori indizi dato che hai voluto lasciare il finale aperto. Nei gialli trovo molto efficace lasciare al lettore la libera interpretazione del finale. Mi è piaciuto come hai descritto il rapporto che ha con il nonno, lo trovo molto profondo.
    Brav*

  4. Trovo che tu abbia fatto un lavoro fantastico, hai descritto molto bene le emozioni che provava Mary e come erano fatte fisicamente le altre persone che ci sono nella storia.
    Hai creato molta suspense all’ inizio e alla fine…
    Veramente, trovo che questa tua storia sia scritta molto bene! 🙂

  5. Mi è piaciuto molto il tuo racconto, bella l’idea di usare i giornali per scoprire di più sulla nonna, l’unica secondo me sarebbe stato meglio avere un finale chiuso.
    Ancora brava.

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